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Note bandite. G8 Genova 2001: avevamo ragione noi.

Note bandite. G8 Genova 2001: avevamo ragione noi.

Nel luglio 2001 i potenti del pianeta si riunirono a Genova per delineare le nuove forme del sistema in cui viviamo oggi. Contro gli 8 re del mondo, accorsero tutti coloro che volevano opporsi alla globalizzazione. Carlo pagò con la vita, tanti altri con pestaggi e torture. La repressione non terminò tra le vie del capoluogo ligure, più lenta ed implacabile proseguì nelle aule dei tribunali. 25 manifestanti vennero accusati di “devastazione e saccheggio”. Il 9 ottobre 2009, 10 di questi saranno condannati in appello, per un totale di 98 anni e 9 mesi di carcere; nel 2012 la Cassazione confermerà questa decisione.

Tanto è stato scritto, detto e disegnato per raccontare ciò che successe in quei giorni, anche la musica non è rimasta in silenzio.

1 Linea 77 – Avevate ragione voi

2 Fall Out – Zona rossa

3 Davide Vietto – Genova 2001

1 Linea 77 – Avevate ragione voi

Avevate ragione voi” è una canzone dei Linea 77, che esprime un chiaro giudizio su quello che avvenne nel luglio del 2001 a Genova e su quello che rappresentò il G8. “È crollato tutto quanto in un istante, / come crollerebbe un corpo senza gambe, / un fuoco senza fiamme, / il mondo senza donne”. Il brano si prende il tempo di un preambolo conciso e potente, come le argomentazioni dei manifestanti no global, prima di sganciarci nella bolgia di gas urticanti, caroselli e manganellate: “L’aria era pesante / lacrimogeni e pistole / fuochi e sassaiole / su tutto il lungomare / stoffe bagnate sugli occhi / per nascondere l’orrore”. Dediti ad un crossover fatto da rap nella voce e parti strumentali rockettare e metalleggianti, sono tra i massimi esponenti nel paese del nu-metal.

Genova 2001 / indelebile una scritta sopra il muro, / accecante come un grido silenzioso: / avevate ragione voi / dietro le maschere antigas / voi / dietro le vostre barricate / voi che già allora sapevate che oggi / avreste avuto ragione voi”.
“Avevate ragione voi” è uno dei pezzi più espliciti, dato che i loro testi solitamente spaziano in modo disinvolto tra l’introspezione e la critica al menefreghismo e alle varie forme di dispotismo che ci circondano. Nelle liriche ricorrono a parole tanto dure verso se stessi, quanto verso una società bigotta, stigmatizzante che ci proietta in un eterno presente, cancellando il passato e negandoci il futuro. Come riassumono ne “L’involuzione della specie”: All’antiterrorismo / non ci credo / all’autolesionismo / non ci credo […] / al mio nome sulla coca-cola, / alle vie dei nostri quartieri / con i nomi dei partigiani, / agli alieni / non ci credo / agli umani / anche meno”.
I Linea 77 avevano già accennato al G8 di Genova in un loro vecchio brano del 2003, intitolato “Fantasma”. Nel testo ad un certo punto sfiorano varie città italiane, e dopo “una breve tappa Roma” approdano nell’“indomita Genova”, dove trovano: “Le lacrime di luglio, / infondere paura / come forma di controllo”. La canzone compare nella playlist ideale che accompagna i capitoli del libro “Avevamo ragione noi” di Domenico Mungo, autore inoltre del volume di poesie da cui i Linea 77 si ispireranno per l’omonima “Avevate ragione voi”.
L’eco di piazza Alimonda, della Diaz e di Bolzaneto aleggia e appesta ogni riferimento alle ragioni delle lotte no global.
E poi quel mare, quel sole, quella città irreale / sembrava un ospedale a cielo aperto / senza pavimento / come un buco che collega il paradiso con l’inferno”. Non ci sono sconti né attenuanti per gli sgherri dello Stato riguardo alla gestione dell’ordine pubblico. Per dirimere ogni dubbio, il finale del brano è la registrazione di una comunicazione interna tra agenti di polizia che affermano sereni e divertiti: “…Speriamo che muoiano tutti. Tanto uno già… 1 a 0 per noi…”.
Se per tutto il pezzo i Linea si riferiscono ai manifestanti no global usando il “voi”, nel sentenziale finale ribaltano
la prospettiva unicamente descrittiva, con tutta la complicità di chi sa che: “Avevamo ragione noi!”.

2 Fall Out – Zona rossa

Attivi fin dai primi ‘80 gli spezzini Fall Out hanno segnato l’hardcore punk italiano. In contatto con il loro concittadino Gianluca Lerici, possono vantare illustrazioni del Professor Bad Trip negli inserti dei loro album e comparse nella sua fanzine “Archaeopteryx”. Nelle loro canzoni incontriamo spesso la guerra: le armi con cui è combattuta e le cicatrici che lascia. Fin dal nome che hanno scelto, Fall Out (ricaduta radioattiva dopo un’esplosione nucleare), hanno saputo raccontare, con il loro stile oscuro e tagliente, le armi nucleari e le potenze che ne minacciavano l’utilizzo. Sin dai tempi di Reagan hanno dedicato diversi minuti di hardcore all’alleanza di scienza e tecnica che ha concepito e realizzato tali dispositivi. Una minaccia mai passata di moda, il cui esito compariva sulla copertina del loro primo 45 giri.

AmericanAnti” è il loro primo album pubblicato dopo il 2001. Il focoso luglio di inizio millennio e la prossimità al capoluogo ligure trincerato di zone rosse a tutela dei capi di Stato delle 8 potenze mondiali, influenzano abbondantemente l’album. Oltre a “Zona rossa” è da segnalare “Possibile”, rapida e affilata, ha un testo che miscela lo slogan della mobilitazione del 2001, con l’iconico ritornello degli Sham 69 e il titolo del singolo antimilitarista culto del d-beat. Nella traccia conclusiva, che dà il titolo all’album, si concentrano sugli Usa e sul presidente repubblicano dell’epoca, che partecipò al G8. Nel libretto, a conclusione di tutte le informazioni e credits del disco, si legge: Ogni riferimento a persone e cose è assolutamente voluto”. “Vogliono che tu possa passare / due volte sul mio corpo / e piazza Giuliani insanguinare”. “AmericanAnti” è un ottimo disco di hardcore italiano, con testi non banali, forse tra i più comprensibili ed espliciti di quelli a cui i Fall Out ci avevano abituato. Con velocità e cattiveria il suono è anche meno ostico, consegnando un lavoro abbastanza diverso dai precedenti. Vogliono farmi sparare addosso / invadere la zona colorata di rosso / vogliono che tu / possa chiamare la gente civile / terrorista!”. Nella versione digitale la traccia è unita a quella precedente, diventando: “In Basso-Zona Rossa” che fonde una prima parte di possente hc incentrata su bombe e violenze incombenti ad una seconda che prende il nome dalle aree considerate inaccessibili ai cortei nei giorni dell’incontro dei grandi 8. Non posso portare la felpa nera addosso / per il celerino c’è come un reato da processo”. In un paio di versi propongono un abbinamento interessante ed insolito di due vittime di polizia e carabinieri. L’omicidio di Stato / non mai reato, / Pinelli e Giuliani / lo stesso numero di piani. Pino e Carlo potrebbero rappresentare movimenti e periodi storici in cui trovarono la morte, rispettivamente il nascente lungo ‘68 e il movimento no global. Tramite i loro nomi si riannoderebbe così una continuità di lotte, idee e pratiche che, per similitudine, si potrebbe ritrovare anche nella perseveranza o nell’evoluzione di tecniche e strumenti repressivi. Le torture in carceri e questure fino a Bolzaneto, le bombe stragiste fino alla rievocazione di reati per incastrare manifestanti e colpire movimenti (come l’accusa di devastazione e saccheggio nel processo ai 25), ci mostrano come rispetto a decenni fa le lotte non siano più o meno dure, ma diverse. Oppure come il potere e le sue armi non siano più o meno leggeri, ma agiscano in modo diverso.

3 Davide Vietto – Genova 2001

Davide Vietto è un cantautore torinese che compone e pubblica canzoni da metà anni zero e che aderisce al collettivo di artisti “Minoranza d’autore”. Faceva caldo e c’era la nebbia, / c’era il mare ma c’era la nebbia / dei lacrimogeni sparati sulla gente / e il mare pieno di mezzi militari”. Incomincia così la sua canzone dedicata al G8 di Genova. Accompagnato dalla chitarra, ripercorre quei giorni di proteste anti globalizzazione. Non c’è perdono o spiegazioni per salvarsi / vendetta eterna in questo gioco delle parti / se la paura ha dimezzato la rivolta / la nostra rabbia non la fermerete mai”. Esiste anche una versione del brano suonata da “I Risvolti”, la band capitanata dallo stesso Vietto che aggiunge durezza e rapidità all’originale. Dopo aver incentrato strofe sui torturati di Bolzaneto, le dinamiche di piazza e gli ingordi 8, Vietto attualizza la lezione di Genova 2001. Dedica infatti spazio a come le nostre vite sono cambiate anche in virtù delle decisioni prese nella città ligure e citando De Andrè ci ricorda come Genova non sia finita. “E continuate a lavorare come cani / a costruire bombe e mine per bambini / pagare a rate la morte nei cestini della spesa / andare a spasso la domenica in collina / a sputtanare tutto il resto in cocaina / per quanto voi vi crediate assolti / vedo la colpa nei vostri occhi”.

En.Ri-Ot

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